Città di Cosenza – (CS)

Informazioni

  • Codice Catastale: D086
  • Codice Istat: 78045
  • CAP: 87100
  • Numero abitanti: 70068
  • Nome abitanti: cosentini
  • Altitudine: 238
  • Superficie: 37.24
  • Prefisso telefonico: 0
  • Distanza capoluogo: 0.0

Storia dello stemma e del comune

Lo stemma attualmente usato dal Comune nella comunicazione è sostanzialmente diverso da quello descritto nel blasone di concessione: “d’azzurro, al monte all’italiana di sette cime”; infatti lo stemma rappresentato è oggi più “descrittivo”, con le sette cime al naturale, fondate su una campagna di verde, solcata da due corsi d’acqua confluenti in cuore.

COSENZA secondo alcuni è un nome di origine Osca ed è messo dagli studiosi in relazione al latino “consentire” col significato quindi di “concordia”, che sarebbe quindi un nome augurale. Secondo altri invece l’etimo si collega al latino “consentia” (“confluenza”) per essere stata fondata dove il fiume Busento si unisce al Crati, il che spiega l’adozione dello stemma attuale.

Note di Massimo Ghirardi

Ricordata da Strabone con il nome di Cosentia, fu fiorente città dei Bruzi che (a partire dal V secolo a. C.) subì l’influenza della civiltà ellenica, come attesta il rinvenimento di epigrafi, monete e materiale fittile vario. Nel 331 a. C. fu assediata da Alessandro il Molosso, re dell’Epiro ed alleato dei Tarantini, che tuttavia non riuscì a mantenerla, dopo averla espugnata, per la fine che trovò sul fiume Acheronte nei pressi della città. Passata sotto il dominio di Roma, fu più volte alleata dei Cartaginesi durante le guerre puniche, fino al 204 a. C. allorché dovette sottomettersi definitivamente alla potenza romana.

Durante le invasioni barbariche, subì gravi danni ad opera degli occupanti; la tradizione vuole che il re dei Goti Alarico sia stato seppellito nel 410 sotto il letto del fiume Busento.

Passata sotto il dominio di Bisanzio, fu successivamente conquistata dai Longobardi beneventani divenendo centro di un gastaldato assegnato nel 847 al Principe di Salerno Siconolfo.

Riconquistata nel 888 dai Bizantini, subì nel 986 e nel 1009 l’invasione e la devastazione ad opera dei Saraceni, che costrinsero parte della popolazione a cercare rifugio nei territori montuosi circostanti, dando così vita a quelli che sarebbero divenuti i casali di Cosenza.

Conquistata dai Normanni, conobbe un periodo di prosperità e splendore sotto il regno di Re Ruggero II di Sicilia, che la elesse capitale del giustizierato della Val di Crati e Terra Giordana.

Dopo essere stata gravemente danneggiata nel 1184 da uno spaventoso terremoto che distrusse numerosi monumenti ed edifici cittadini, passò successivamente sotto le dominazioni sveva, angioina e aragonese, durante le quali godette di favori e privilegi vari, conservando il rango di principale centro della Calabria settentrionale.
Nel corso del periodo aragonese si verificò una violenta insurrezione dei contadini che aspiravano ad una migliore condizione economica, duramente repressa da Umberto Orsini, signore della città. Malgrado un periodo di decadenza economica, dovuto all’eccessivo fiscalismo degli Spagnoli, Cosenza si affermò a partire dal XVI secolo come uno dei centri culturali più attivi dell’Italia meridionale. Nel 1501 fu fondata l’Accademia Cosentina, ad opera dell’umanista Aulo Giano Parrasio, che figura ai primissimi posti tra le Accademie presenti in Italia.

Nel XIX secolo la città partecipò attivamente ai moti risorgimentali italiani; nel 1844 presso il Vallone di Rovito furono fucilati i patrioti Attilio ed Emilio Bandiera assieme ad i loro compagni.

Cosenza ha dato i natali agli umanisti Aulo Giano Parrasio (1470-1522) e Sertorio Quattromani (1541-1607), al filosofo Bernardino Telesio (1509-1588), al letterato Francesco Saverio Salfi (1759-1832), al poeta e giureconsulto Vincenzo Maria Greco (1807-1876) ed allo storico Davide Andreotti (1823-1886).

Fra i monumenti, i più antichi resti architettonici sono rappresentati da alcuni avanzi di epoca romana, tra cui un tratto di opus reticulatum in Via Messer Andrea e tracce di una costruzione, probabile residuo della Rocca Brezza, nei pressi del colle dove sorge il Castello che domina la città. Quest’ultimo fu ricostruito dai Normanni dopo il terremoto del 1184 e successivamente trasformato in diverse epoche; la torre ottagonale risale al rifacimento del XIII secolo voluto da Federico II, ma l’edificio fu ripreso nei secoli XV-XVIII. Il complesso, che presenta pianta rettangolare con torri angolari, ha l’androne coperto di ogive con mensole scolpite, sale a volte ogivali costolonate su colonnine con campate a spigoli con pilastri.

Il Duomo, di antichissima origine, fu già sede vescovile nel V secolo; ricostruito nella pianta attuale successivamente al terremoto del 1184, venne consacrato nel 1222 alla presenza del Re Federico II di Svevia. Rimaneggiata in epoca barocca e rifatta nel frontespizio nel 1831, la chiesa è stata riportata nel XX secolo alle forme originarie. L’edificio, costruito in arenaria rosata, presenta tre navate divise da pilastri, con facciata aperta da tre portali archiacuti in tufo e decorata da rosone centrale affiancato da due rosoncini quadrilobati laterali (questi ultimi ripristinati dopo che i rimaneggiamenti del passato li avevano soppressi). All’interno sono custodite opere d’arte di grande valore, tra cui il monumento gotico di Isabella d’Aragona, di pregevole fattura, realizzato da maestranze francesi nel XIV secolo, ed un sarcofago marmoreo con bassorilievi, detto «di Meleagro ed Atalanta», risalente con probabilità al periodo ellenistico. Le cappelle sulla navata di sinistra si presentano nel rifacimento del ’700.

Sul retro del Duomo è edificato il palazzo arcivescovile dove sono conservate varie tele del XVII-XVIII secolo, oltre a numerose altre opere d’arte tra cui una croce reliquiario, rara opera di artisti siciliani del periodo normanno (XII secolo), abbellita con smalti e pietre preziose, probabile dono di Federico II di Svevia.

La chiesa ed il convento di San Francesco di Assisi sono stati edificati su fondazioni basiliane e benedettine; il complesso conserva numerose tracce dei rifacimenti compiuti tra il XIV ed il XVI secolo; nel chiostro vi sono frammenti architettonici e scultorei del primo edificio. La chiesa incorpora la ricca cappella-oratorio della confraternita di Santa Caterina d’Alessandria in fastoso stile barocco.

La chiesa di San Francesco di Paola, edificata nei pressi della confluenza del Crati con il Busento, è del 1510. L’interno, rifatto nei secoli XVIII-XIX, presenta monumenti sepolcrali, epigrafi ed affreschi della fabbrica originaria.

La chiesa di San Domenico è stata edificata nel XVI secolo per iniziativa della famiglia Sanseverino di Bisignano sulle fondamenta di un’altra chiesa risalente al secolo precedente. L’edificio, sormontato da un’imponente cupola ad ogiva, conserva il grande rosone gotico, la cappella marmorea con la statua della Madonna della Febbre, opera di Giovanni di Nola, artista napoletano del XVI secolo, e l’oratorio del Rosario che presenta dovizia di stucchi, affreschi, intagli e dorature. Il chiostro, a quadrilatero con volte a crociera, è sorretto da 36 pilastri a sezione ottagonale ed ha portali con mostre di tipo aragonese. Nelle cappelle prossime al transetto sono conservate altre opere del ’500, tra cui una rappresentazione di Santa Liberata e dell’Eterno Padre. Di notevole fattura è l’organo del ’700, realizzato in legno decorato e collocato sulla cantoria.

Fra gli altri monumenti va ricordata la serie dei grandi palazzi cosentini legati ai nomi di famiglie e personaggi illustri della città: dal palazzo Archi di Sambiase (del ’400) in Piazza Berardi (delimitata in parte dalla casa natale di Bernardino Telesio), a quello dei Gaeta della Stella (XV-XVI secolo), al palazzo dell’economista Antonio Serra con balconi e finestre a stipiti modanati (XVIII secolo), prospettanti sulla medesima piazza. Da ricordare anche il palazzo dei Contestabile Ciaccio e quello dei Falvo (entrambi originari del XV secolo); la casa Caselli con cortile e scala balconata del ’600; la casa di Galeazzo di Tarsia, che conserva decorazioni scultoree ai lati del portale nel cortile (XVI secolo); il palazzo dei Tribunali; il palazzo Ferrari d’Epaminonda (XVI secolo); il palazzo del Governo (XVIII secolo) con adattamenti classici.

Numerose sono, infine, le case ornate da artistici balconi e portali che caratterizzano le vie del centro storico cittadino.

Patrono: Madonna del Pilerio (12 febbraio)


Comuni confinanti:

Rende, Zumpano, Rovito, Trenta, Casole Bruzio, Pedace, Pietrafitta, Aprigliano, Piane Crati, Paterno Calabro, Dipignano, Mendicino, Castrolibero.

Note di Luigi Prato

Stemma Ridisegnato


Stemma Ufficiale


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Altre immagini






Profilo araldico


“Di verde al monte all’italiana di sette cime d’oro. Ornamenti esteriori da Città”.

D.R. 24 aprile 1941 – Trascritto nel Libro Araldico degli Enti Morali al vol. II, pag. 711

Colori dello scudo:
verde

Gonfalone ridisegnato


Gonfalone Ufficiale


Profilo Araldico


“Drappo di azzurro…”

Gonfalone ridisegnato da Pasquale Fiumanò

LEGENDA

  • stemma
  • gonfalone
  • bandiera
  • sigillo
  • città
  • altro
  • motto
  • istituzione nuovo comune

    concessione

    Antico diritto


    Decreto del Capo del Governo (DCG)
    riconoscimento
    24 Aprile 1941