Malmedy

Abbaye de des saints Pierre, Paul et Quirin de Malmedy

(Ex abbazia dei Santi Pietro, Paolo e Quirino di Malmedy) – Monaci Benedettini



Altre immagini

Nessuna immagine

In una regione boscosa e poco abitata della valle della Warche, un monaco venuto dall’abbazia di Solignac in Aquitania, di nome Remaclo (Remacle) fondò due monasteri nel 650, uno a Stavelot e l’altro a Malmedy, con il sostegno di Sigebert III, re d’Austrasia, i due monasteri seguivano la regola dell’irlandese San Colombano.
Le due comunità resteranno unite sotto un unico abate fino alla Rivoluzione Francese.

Nel XI secolo l’imperatore Enrico IV farà degli abati i signori feudali del territorio,
col tempo assumeranno il titolo di principi dell’impero (« par la grâce de Dieu, abbé de Stavelot et Malmedy, prince du Saint-Empire et comte de Logne »), riceveranno l’investitura ecclesistica dal papa e quella laica dall’imperatore, con diritto di seggio nei consessi feudali imperiali.

Contestualmente le comunità adottarono la più mite regola benedettina (nel 1020 l’abate Poppone introdusse la riforma cluniacense) e sviluppando una importante scuola monastica, con intellettuali di prestigio come Thierry de Leernes e Christian di Stavelot, e un prestigioso Scriptorium (dove venne redatta la preziosa “Bibbia di Stavelot” nel XII secolo, oggi al British Museum di Londra).

Grazie alla presenza delle reliquie di San Remaclo a Stavelot e di San Quirino a Malmedy i due monasteri attirarono ben presto folle di pellegrini.

Nel 1190 l’abate Erlebald costruì un lebbrosario nel villaggio di Malmedy (Malmünde, in tedesco) che venne convertito in ospedale quando il terribile morbo venne debellato nella regione.

Tra il XIV e il secolo, oltre ad altre difficoltà politiche, gli abati non ebbero gran cura della disciplina e dell’osservanza della regola, in particolare l’abate Pomeirio venne scomunicato da papa Benedetto XIII per aver attaccato militarmente il suo monastero di Stavelot e l’abate Henri de Merode lasciò andare in rovina gli edifici e condusse una vita scandalosa. Addirittura nel 1598 il monaco Jean Delvaux venne condannato per stregoneria e impiccato. Lo choc provocò l’intervento delle autorità ecclesiastiche e la riforma dei due monasteri.

Nel 1784 il governo austriaco tentò, senza successo, di imporre come superiore (e principe) il vescovo di Tournai.

All’arrivo dei rivoluzionari francesi i monaci furono costretti a rifugiarsi in Germania e nel 1795 il territorio dell’ex principato di Stavelot-Malmedy venne unito alla Francia, l’anno successivo i due monasteri vennero saccheggiati e incendiati, infine ufficialmente soppressi il 1 settembre 1796.

Nel 1815 il territorio passò alla Prussia fino al 1920, quando divenne parte del Belgio.

Dell’antico monastero rimane poco, la chiesa abbaziale venne ricostruita tra il 1776 e il 1784 secondo il progetto dell’architetto Charles Antoine Galhausen. Dal 1819 è sede della parrocchia.

Ebbe un certo rilievo allorché venne scelta come sede della effimera Diocesi di Eupen-Malmedy, poco avanti la Prima Guerra Mondiale, dal 1920 al 1925, oggi aggregata a quella di Liegi, e ha per questo mantenuto il titolo di concattedrale.

Come detto nel 1920 dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, Malmedy e la vicina Eupen furono soggette ad un plebiscito per determinare se la regione dovesse essere separata dalla Germania e annessa al Belgio. Impaurita dalle deportazioni, la popolazione votò per unirsi al Belgio.

Nel 1944 durante la Seconda Guerra Mondiale le SS naziste vi perpetrarono in terribile “Massacro di Malmedy” nel quale furono trucidati circa 80 prigionieri di guerra.

Lo stemma proprio dell’abbazia, passato oggi ad identificare il Comune (dal 1926) si blasona: “D’or à un dragon de sable sur une terasse isolée de sinople. L’écu posé sur une épée d’argent garnie d’or, la pointe en bas, et une crosse d’or, passdes en sautoir, et sommé d’une mitre” (D’oro al dragone di nero, su una terrazza di verde. lo scudo posto su una spada d’argento guarnita d’oro, la punta in basso, e un pastrorale d’oro, posti in croce di Sant’Andrea,e cimato da una mitra).

Il drago è l’attributo iconografico di San Quirino, patrono dell’abbazia e della città, le cui reliquie si conservano dall’XI secolo nella “cattedrale” di Malmedy e che avrebbe ucciso un drago che terrorizzava la regione francese di Vaux (nell’Île de France, evidente simbolo del paganesimo locale sconfitto dal cristianesimo).
Le reliquie di San Quirino, martirizzato nell’875, furono reclamate dalla comunità di Malmedy per assicurasi la priorità sulla consorella Stavelot (che possedeva quella del fondatore san Remaclo, che vi morì nel 673).

La figura del santo, atterrante il drago, compare sui sigilli abbaziali del 1587, nel 1630 Ferdinando di Baviera che, tra i suoi numerosi titoli, si fregiava di quello di “principe-abate” di Stavelot-Malmedy riservò il solo drago come simbolo di Malmedy assegnando a Stavelot il lupo passante. Per questa ragione i suoi successori, allo scudo “principale” con il drago nero di Malmedy, affiancheranno quello personale e quello con il lupo di Stavelot (Secondo la leggenda Remaclo aveva un asino per trasportare le pietre da utilizzare per la costruzione del monastero di Stavelot. Mentre riposava presso una cava, un lupo si gettò sull’asino e lo uccise. Il santo lo rimproverò e lo costrinse a compiere il lavoro della sua vittima).

I colori non sono sempre stabili, in una versione in bianco e nero dell’ inventario del 1745 di Louis-Felix Rhénasteine, redatto per conto delle autorità dell’abbazia, il drago è verde (sinople) e posto su un terreno dello sesso colore, con fondo oro (i colori sono indicati con segni convenzionali); come nella copia minuta a colori dello stesso autore.

Il colore nero (sable) verrà attribuito allo stemma nel 1848 dopo che lo stemma venne recuperato come emblema della città dallo storico Arsène de Noüe, che si basò su alcuni esemplari nei quali appariva di quel colore.

Il birrificio artigianale Gentix Microbrasserie di Saint Vith, produce la Bière Du Dragon De Malmedy, (birra del dragone di Malmedy) dedicata all’emblema dell’abbazia, sull’etichetta è riportato lo stemma completo del monastero. Si tratta di una birra bionda al 5% in stile pils.