Gaming

Kartause Marienthron von Gaming

(Ex Certosa di Maria Thron di Gaming) – Monaci Certosini



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Questo monastero venne fondato, nei pressi di Scheibbs, nel 1330 da Albrecht II d’Asburgo, duca d’Austria, per farne il luogo di sepoltura della propria dinastia, dopo che il monastero di Königsfelden in Argovia, dove si trovava la tomba della madre e del fratello, non era più raggiungibile perché occupata dagli svizzeri. A Gaming venne sepolto egli stesso dopo la sua morte nel 1358, come la moglie Johanna von Pfirt (Jeanne de Ferrette), deceduta qualche anno prima, nel 1351, e la nuora Elisabeth di Boemia, figlia dell’imperatore Carlo IV, morta nel 1373.

 

Era l’esaudimento di un voto fatto nel 1322 dallo stesso duca Albrecht e dal fratello Leopold in caso di vittoria contro Luigi di Baviera, per la librazione del duca Friederich “il Bello” dalla prigionia bavarese di Trausnitz.

 

Il 13 agosto 1332, il duca  pose personalmente la prima pietra del nuovo monastero. Mentre il 13 ottobre 1342, avvenne la solenne inaugurazione della chiesa.

 

La fondazione ricevette la denominazione di “Marienthron” (Thronus Sancte Marie: “Trono di Santa Maria”), e la preferenza per l’Ordine di San Bruno venne probabilmente influenzata dal consigliere di corte, Gottfred, priore della certosa di Mauerbach presso Vienna, dalla quale provennero effettivamente i primi monaci di Gaming. Il numero di religiosi venne ampliato a 24 monaci, invece dei 12 regolamentari, e gli stessi edifici vennero ideati e realizzati grandiosi, anche grazie alle numerose elargizioni e donazioni, comprese molte terre dei dintorni nella valle dell’Erlauf, e la stessa città di Scheibbs.

 

Nel XV secolo la certosa di Gaming divenne molto più grande (e ricca) della casa-madre della Grande Chartreuse presso Grenoble, molti dei suoi priori furono intellettuali di vaglio: come il priore Nicolaus III von Kempf di Strasburgo (1451-1458), già docente dell’Università di Vienna; o il successore Sigmund Phantzagel (1458-1483), professore anch’egli, che portò il numero dei professi al suo massimo: 39 monaci professi.

 

Durante la Guerra contro i Turchi la certosa finanziò generosamente le armate cristiane dell’imperatore Ferdinando I nel 1529, partecipando con 1/3 dei propri beni al “Türkenenot” la legislazione per il finanziamento (forzoso) della guerra anti-musulmana.

 

La Riforma Luterana non colpì particolarmente la comunità religiosa, ma fece presa sui contadini e sui servi del monastero, in due occasioni essi attaccarono la certosa e il priore Paulinus Maringius fu catturato e umiliato dalla turba inferocita.

 

Sotto il Priore Hilarion Danichius (o Danisius) tra il 1609 e il 640, si ebbe una ricostruzione completa di vaste parti del complesso, con la costruzione della corte prelatizia (1625), la trasformazione del cortile della biblioteca vecchia e la costruzione della nuova biblioteca (1619). Nel 1670, grazie all’intervento dell’imperatore Leopoldo I vi fu l’elevazione di tutti i sacerdoti della Kartausen al rango di prelati (ma senza concessione dei pontificalia al priore, in ossequio alle Consuetudini certosine).

 

Nel 1678 il priore trasferì la propria residenza nel castello di Scheibbs, dove venne edificato un piccolo monastero “succursale” completato nel 1684; il maniero era l’unico rimasto: infatti tutti i castelli precedenti della valle dell’Erlauf erano stati donati alla certosa da parte del duca Albrecht o acquistati dai priori, per essere poi rasi al suolo col divieto di ricostruirli, per garantirsi contro le eventuali intenzioni malevole dei possidenti locali.

 

Nel periodo barocco, il priore moravo Joseph Kristelli von Bochau, trasformò la biblioteca in una vasta aula barocca, munita di un vasto cortile, decorata dal pittor praghese Wenzel Lorenz Reiner (1723). La “barocchizzazione” del complesso, con pitture e stucchi sfarzosi, proseguirà con il priore Johann VIII Jerumb (1739-1757) e comprenderà anche l’interno della chiesa tra il 1742 e il 1746.

 

Per via delle riforme “secolarizzatrici” dell’imperatore Giuseppe II il monastero venne chiuso il 27 gennaio 1782, il priore Stephan Braun deposto ed allontanato con la comunità, tutte le tombe asburgiche vennero aperte e i corpi contenuti (pur avi dell’imperatore in carica) traslati dalla chiesa di Gaming, divenuta parrocchiale, nel 1797 per iniziativa dello stesso parroco. Nel 1825 gli edifici e i terreni, comprendenti vaste foreste, vennero venduti al conte Albert Festetics de Tolna per 100.000 fiorini per ricavarne opifici industriali e una riserva d caccia. Dopo una grave crisi finanziaria il complesso venne acquistato dal barone Albert Salomon von Rotschild nel 1875.

 

Nel 1915 vennero riacquistati dall’abate benedettino di Melk, don Amand John (1909-1942), che li rivendette i 5 agosto 1983 all’architetto Walter Hildebrand, che ne iniziò il restauro. Il13 aprile 1985 a che i resti dei fondatori sono tornati nella chiesa dell’ex certosa.

 

Nel 2007 nell’ala ovest della corte principale vi è stata aperta una cappella di rito bizantino, la prima in Austria, dipendente dalla chiesa greco-cattolica di Santa Barbara di Vienna.

 

Dal 2009 è attivo un centro congressi, un birrificio e un albergo di lusso, mentre alcune parti sono state occupate dall’Università Francescana di Steubenville (che ha il suo campus principale in Ohio, USA), dall’Università Ave Maria di Naples (Florida, USA), dall’Istituto di Lingua e Catechesi Orientale, e dal museo storico della Certosa di Gaming. Nel 1999 la famiglia Sobota-Kardos, degli Stati Uniti, ha finanziato completamente il restauro delle chiesa. La pittrice naturalistica Barbara Schoberberger vi ha aperto nel 2008 un atelier di pittura botanica.

 

Nel 2014 è stata creata la Società Marienthron alla quale è stata ceduta la proprietà e la gestione del vasto complesso.

 

La birra Gaminger Kartausen Bräu si produce dal 2008 nel birrificio privato presso l’ex certosa, nei tipi:

 

  • Helles Priorenbräu, “Chiara del Priore”, chiara al 5,0%
  • Dunkles Prälatenbräu, “Scura del Prelato”, scura al 5,4%
  • Pils, a 5,0%

 

Per particolari occasioni è possibile “personalizzare” le etichette delle bottiglie con una propria foto o un immagine evocativa.

 

Lo stemma Certosino è stato usato anche dal monastero di Gaming come proprio.

 

L’emblema dell’Ordine Certosino è attestato in documenti del XIII secolo: è costituito da un globo “crucigero” cimato da una croce sormontata da sette stelle. Il globo assomiglia a quello imperiale ed è costituito da una sfera, cinta da un anello d’oro,  sulla cui cima è apposta una croce, un simbolo usato soprattutto nel Medioevo da imperatori e re, nell’iconografia e nelle insegne regali. Esso simboleggia la supremazia di Cristo (rappresentato dalla croce) sul mondo e sul mondo (la sfera).

 

Le stelle simboleggiano Bruno e i suoi primi compagni, il cui arrivo sulle montagne della Chartreuse (che darà il nome all’Ordine) è annunciato da un sogno premonitore del vescovo di Grenoble, Saint Hughes, al quale sono apparse le sette stelle.

 

Le armi sormontano un nastro recante il motto “Stat crux dum volvitur orbis” che si traduce letteralmente con “la croce rimane mentre il mondo gira”. Fino al XVII secolo non era molto usato e la forma presente è stabilizzata dal XIX, in precedenza si trova anche “Mundus mihi cruxifixus est

 

Il globo è solitamente azzurro in campo argento, ma talvolta i colori sono invertiti.

 

Prima di questo simbolo i Certosini utilizzavano un sigillo con una semplice croce patente (cioè “aperta”: con i bracci che si allargano verso le estremità).

 

Le stelle ricordano i primi sette Certosini ed il sogno premonitore delle sette stelle avuto da Sant’Ugo, vescovo di Grenoble.

 

La croce che sta salda sul mondo simboleggia la fermezza, la stabilità dell’Ordine che nel continuo agitarsi di uomini, di idee, di cose, per nove secoli non è stato oggetto di alcuna riforma.

Secondo altri, lo stemma vorrebbe significare che la croce ritta al di sopra del turbine delle cose umane che passano, dei piaceri umani che sono effimeri, delle vanità umane che periscono, la croce eretta, alta, immobile è portata, sostenuta, elevata non dal mondo instabile, bensì da anime stabili nei loro propositi, consacrate alla preghiera, votate al sacrificio come, per vocazione sono i Certosini, amanti della croce, chiamati ad esaltarla al di sopra del mondo mediante la loro vita di penitenza.

 

In realtà, in passato, vennero utilizzati anche altri stemmi non ufficiali come il monogramma

CAR (Cartusia) intrecciato ad una croce latina, molto usato in Italia nei sigilli e negli stemmi delle singole Certose. Ogni singola Certosa aveva ed ha poi il suo sigillo, a volte un vero e proprio stemma, su cui generalmente figurano le armi del fondatore o quelle del Santo titolare o patrono della Casa.

 

Come l’Ordine Benedettino ha il motto “Ora et labora“, la spiritualità certosina ha elaborato una massima: “O vera solitudo, o sola beatitudo“: la vera beatitudine si ha solo nella solitudine. Ossia la solitudine è l’unica vera felicità che dev’essere cercata per incontrare il Signore.